INFORMATICI: RIFLESSIONI SUL SETTORE E SULLE SUE CRITICITA’,
CONTRIBUTO ALLA DISCUSSIONE SULLA PIATTAFORMA CONTRATTUALE
Il settore dell’informatica complessivamente inteso (Hardware, Software, Servizi IT), rappresenta circa il 5% del PIL ed è in continua crescita da ormai alcuni anni dopo le due crisi importanti del 2008/9 e del 2011/13, anni nei quali si è assistito ad una importante riduzione dei budget e a una pesante incertezza che ha inciso fortemente sulle aziende. Il settore conta circa 430.000 addetti in quasi 90.000 aziende, con una media addetto per azienda di 4,9 (Istat 2014).
Malgrado la notevole frammentazione aziendale, il 30% dell’occupazione è concentrata in circa 150 aziende, tra cui le prime 5 imprese fanno il 15% del valore totale del settore. Quindi assistiamo ad una fortissima concentrazione (nello 0,2 delle imprese ci sono il 30% dei lavoratori) e una miriade di piccolissime imprese che fanno da completamento della filiera. La produttività e la marginalità sono anch’esse concentrate nelle imprese più grandi, oggetto di interesse in questo caso del nostro ragionamento sia rispetto allo stato e all’andamento del settore, che rispetto al rinnovo del CCNL.
Ragionamento che però non può non considerare i fenomeni interni alla filiera industriale in cui le grandi imprese per dimensione, fatturato, certificazioni e competenze sono quelle che acquisiscono le attività, mantengono all’interno del loro perimetro quelle a maggior valore aggiunto e il governo dei processi produttivi spostando all’interno degli altri attori dei raggruppamenti temporanei d’impresa aggiudicanti della commessa o direttamente al sub appalto, le attività a minor valore e sulle quali maggiormente pesa la comprensione dei prezzi e del valore riconosciuto dal mercato.
Un’organizzazione del lavoro che pone problemi sia nelle grandi che nelle piccole. Le grandi imprese in genere ricercano la marginalità attraverso lo spostamento delle attività meno redditizie all’esterno, riservandosi la parte alta della filiera e ricercando la riduzione del costo del lavoro attraverso la messa in discussione della contrattazione integrativa. Le piccole acquisiscono attività a bassissima marginalità e senza nessun potere contrattuale, scaricando ancora sulle lavoratrici e sui lavoratori le criticità (orario, retribuzione, sicurezza etc.).
Da qualche tempo però assistiamo anche ad un altro fenomeno che vede spostare parti delle attività a più alta marginalità verso il sub-appalto in modo da incrementare ulteriormente il margine per la grande azienda, tenendo le proprie alte professionalità, spesso oltre i 45 anni, a fare attività da remoto di scarso profilo (call center, desk etc.). Un’attività che sembra contraddittoria ma in realtà è frutto di scarsi investimenti interni sull’innovazione e sull’aggiornamento professionale dei propri dipendenti rispetto alle nuove attività richieste dai clienti. Su questo aspetto che rende evidente anche una concentrazione forte delle attività formative su una parte dei lavoratori è opportuno fare una riflessione anche rispetto alle prospettive occupazionali e professionali di lavoratrici e lavoratori che sono giovanissimi per la “Fornero”, ma che le aziende invece mettono in difficoltà.
Non a caso il settore è fatto di 800 circa imprese sopra i 50 dipendenti e oltre 86.000 da 49 in giù (di cui l’83% del totale da 3 dipendenti in giù!). La media impresa è scomparsa, troppo grande per
competere con i costi imposti dai ribassi gestiti dalle grandi imprese e troppo piccole per competere con esse nell’aggiudicazione degli appalti. Un effetto questo che ha prodotto danni, dalla messa in discussione dei diritti e delle tutele dei lavoratori, alla riduzione della sindacalizzazione e della nostra capacità di rappresentanza nel settore.
La maggior parte dei dipendenti e delle imprese sono concentrate in Lombardia (25%) e nel Lazio (12%), la popolazione media è concentrata tra i 30 e i 49 anni, 1 su 4 sono i laureati (media più alta di tutti gli altri settori, 9 lavoratori su 10 sono a tempo indeterminato (i dati e le tabelle sono di una rilevazione Assinform e di Istat 2014 allegate).
Questo quadro molto sintetico del settore ci dice comunque molto sul suo stato, sulle sue potenzialità e sulle prospettive che, in quadro di crescita consolidata e di possibile ulteriore accelerazione, dovrebbe aprire a spazi di contrattazione integrativa a livello aziendale che invece vengono negati dalle aziende di grosse dimensioni, quelle proprio dove si concentra la ricchezza e la produttività maggiori e che al contrario stanno mettendo in discussione quanto conquistato in passato spingendo sempre più sul rapporto diretto e individuale con i lavoratori.
In questo contesto quindi crediamo importante affrontare alcuni temi particolarmente rilevanti per i lavoratori e per aprire quelle potenzialità che oggi vengono negate dalle aziende. Gli appalti sia pubblici che privati sono una parte fondamentale di questo ragionamento in considerazione anche del fatto che una quota importante del volume di affari viene dalla PAC (pubblica amministrazione centrale) e dalla PAL (pubblica amministrazione locale). Da troppi anni ormai vengono bandite gare al massimo ribasso che hanno portato alla completa svalorizzazione del lavoro, dei servizi ai cittadini, e aperto le porte ad una profonda degenerazione nell’applicazione dei contratti collettivi applicati e delle norme a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
Un altro tema molto importante rilevato ormai da anni dagli istituti di ricerca statistica e da diversi studiosi (sociologi ed economisti), è l’esplosione dell’orario di lavoro non pagato. E’ un trend generalizzato di tutto il mondo del lavoro ma nell’informatica, tenendo conto del livello di inquadramento medio molto più alto che in altri settori è particolarmente importante. Oggi tutte le statistiche danno un orario medio per lavoratore italiano di circa 1730 ore, contro le 1472 della Francia e le 1363 della Germania (dati OCSE 2016). In questo non rientrano le ore non calcolate e però prestate dai lavoratori in quanto considerati impiegati “direttivi”.
Un tema questo che oltre ad essere retribuzione non riconosciuta ai lavoratori, se regolamentato e correttamente gestito potrebbe aprire anche a spazi di nuova occupazione in grado anche di ridurre l’età media del settore (punto molto sensibile per le aziende).
APPALTI: è necessario estendere la normativa e la contrattazione fatta sugli appalti di servizi e manutenzioni tecnologiche anche a tutto il settore informatico, andando a superare la distinzione determinata dal Dlgs 50/2016 (c.d. Codice degli Appalti), tra attività manifatturiere e ad alto contenuto intellettuale (tenendo conto delle specificità del settore e delle peculiarità delle attività richieste dai clienti). Dopo anni di gare al massimo ribasso nel settore, le aziende ricercano la marginalità attraverso la riduzione massiccia del costo del lavoro sia operando sugli orari che mettendo in discussione molte parti della contrattazione integrativa. Le condizioni di aggiudicazione della gara, oggi determinano anche in questo settore il rispetto dei diritti collettivi e individuali dei lavoratori, l’inserimento della clausola sociale anche alle attività “ad alto contenuto intellettuale e la valorizzazione delle offerte escludendo il massimo ribasso, sono quindi gli strumenti necessari per dare stabilità occupazionale e prospettive professionali alle lavoratrici e ai lavoratori informatici. E’ necessario inoltre promuovere l’adozione di politiche industriali tese a promuovere l’aumento della dimensione aziendale dei fornitori delle grandi imprese e ridurre il sub-appalto nelle gare.
ORARIO DI LAVORO: la deformata interpretazione del concetto di impiegato direttivo, non soggetto alla rilevazione di orario, ha portato ad un aumento generalizzato e incontrollato dell’orario di lavoro svolto dalle lavoratrici e dai lavoratori informatici. Si va dal pagamento forfettizzato (che andrebbe valutato in proporzione all’effettivo orario svolto), alle compensazioni attraverso i recuperi (senza pagamento delle maggiorazioni), al mancato pagamento. La messa in discussione dell’interpretazione sinora data del Regio Decreto R.D.L. n. 692/1923 e della legge 66/03, norma di recepimento della Dir. 93/104/CE (che non cita affatto gli impiegati direttivi) e, di conseguenza, del dettato contrattuale di riferimento, appaiono oggi, insieme ad una maggiore consapevolezza del diritto e della loro professionalità da parte dei lavoratori, la via per poter superare questa situazione. Una considerazione a parte meritano le lavoratrici e i lavoratori che vengono considerati direttivi e quindi non soggetti alla rilevazione di orario e al pagamento dello straordinario pur essendo inseriti in turni di lavoro e reperibilità, in attività orarie definite dai clienti.
Un’alternativa possibile nel rispetto dei limiti giornalieri e settimanali di orario (anche su più mesi),
- la strutturazione di un orario flessibile veramente programmabile dai lavoratori al fine di riconoscere la professionalità e la capacità di gestire il proprio orario di lavoro e conciliare tempi di vita, tempo di lavoro e retribuzione collegata.
INQUADRAMENTO: nel CCNL gli inquadramenti risalgono al 1973 ed è evidente che non solo per gli informatici ma in generale molte figure professionali non sono contemplate poiché non esistenti all’epoca. Questa situazione concorre alla scarsa capacità della rappresentanza nel contrattare corretti inquadramenti e, nel contempo, allo scarso riconoscimento dei lavoratori nel CCNL. E’ necessario quindi superare definitivamente quanto previsto dalle declaratorie attuali per andare all’effettiva riforma evitando di ripetere la costituzione dell’ennesima commissione a “cavallo” tra scadenze contrattuali. Alcune esperienze presenti in altri CCNL possono offrire spunti interessanti anche per il CCNL metalmeccanico verificando però la corrispondenza tra professionalità e livello di inserimento.
ASSORBIBILITA’: dobbiamo riuscire a migliorare la clausola contrattuale sull’assorbibilità degli aumenti contrattuali, per garantirne l’effettiva percezione a tutti i lavoratori evitando che le aziende possano far entrare in conflitto aumenti collettivi e individuali.
FORMAZIONE: il tema è di fondamentale importanza in un settore dove la tecnologia è avanzata e soprattutto i cambiamenti sono più rapidi. Quindi l’aggiornamento delle lavoratrici e dei lavoratori è strategico sia per i percorsi di carriera che per le prospettive occupazionali (non a caso per le aziende la formazione è un punto con cui rafforzare il rapporto individuale con il lavoratore). Per questo dobbiamo allargare il diritto alla formazione a tutti i lavoratori impedendo discriminazioni ed esclusioni che nel lungo periodo possono mettere fuori mercato alcuni lavoratori, soprattutto con l’avanzare dell’età. Il diritto soggettivo conquistato nell’ultimo CCNL è un punto centrale per garantire a tutti la formazione, per questo dobbiamo puntare ad incrementare il numero di ore e a renderlo più cogente (un diritto molto poco praticato dell’ultimo contratto).
Roma, 17 giugno 2019